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Il mussulmano e l’agnostico

Il mussulmano e l’agnostico

Autori: Tariq Ramadan e  Riccardo Mazzeo

Editore: Erickson 2017, pp. 156, € 10.00

Genere: conversazione sul conflitto di civiltà e sulla possibile coesistenza positiva fra mussulmani e occidentali.

Chiave di lettura: I grandi temi che stanno sconvolgendo il mondo visti attraverso due punti di vista, diversi e spesso convergenti, fra un mussulmano e di un agnostico, a dimostrazione che un dialogo è ancora possibile.

Frase chiave: “Se sapremo metterci in ascolto e scoprire il ritmo delle onde che regolano il mare della nostra umanità smarrita, forse troveremo la forza di resistere, di impegnarci, di dare il nostro contributo umile, poiché siamo solo persone, e al tempo stesso fiero, poiché solo le persone possono cambiare il mondo”.


 

In quest’estate infuocata, in cui il ricordo degli attentati di Londra e Manchester è ancora vivo, l’indignazione solleva domande che non trovano risposte. A volte sono i libri ad illuminarci, a volte conversazioni profonde come quella fra Tariq Radaman, svizzero di origine egiziana, docente di Studi islamici contemporanei presso la Facoltà di Studi Orientali all’Università di Oxford, e Riccardo Mazzeo (RM), editor storico per la Erickson, e co-autore di libri scritti insieme ad autori maître à penser come Edgar Morin, Zygmunt Barman e molti altri.

Il musulmano e l’agnostico affronta temi impegnativi come la religione, il secolarismo, la ricerca di senso, l’azione politica. E lo fa con acume e leggerezza  E’ un piccolo libro da consumare d’un fiato, e rileggerlo in fretta per non lasciarsi sfuggire i tanti stimoli che solleva. Mazzeo e Radaman hanno molto da dire – una rarità di questi tempi!- e lo fanno con acume ed eleganza, con intelligenza e moderazione. Particolarmente interessante il capitolo Il posto della religione nella società, tema scomodo nell’attuale frangente storico-politico che alcuni stigmatizzano con l’epiteto forviante di guerra di religioni. “Gli estremismi minano il patrimonio delle religioni” – sostiene Radaman – “e le religioni stesse sono minate dall’ignoranza indotta da un’accezione forviante del processo di secolarizzazione. Le società sono oggi secolarizzate al punto che la religione è considerata esteriore, problematica, un delirio umano, e ciò tradisce la storia rischiando di cancellare quello che va considerato come un patrimonio per l’umanità”. Mazzeo aggiunge: “Non si possono attribuire alla religione tutti i mali del mondo. Il fatto che esista un contraltare pernicioso non è motivo per cancellare tutte le religioni, le quali, anzi, oggi più di ieri possono essere preziose per l’umanità. Bisogna semmai lavorare a far coesistere, con dignità, ciascuna delle religioni. Bisogna aprirsi al post-secolarismo: rimanere cioè scettici, ma aperti perché le religioni sono un arricchimento e non un’offesa al primato della ragione”. Dopotutto è il dialogo l’unica alternativa alla guerra, ma non potrà mai esserci dialogo, sostiene Ramadan, senza conoscenza. Oggi invece produciamo ignoranza in nome di una secolarità che ha pensato che secolarizzazione significasse marginalizzare la religione. L’allusione alla frequenza facoltativa a scuola della materia Religione è lampante, e fa riflettere sul prezzo non calcolato dell’ignoranza.

Fra le altre questioni trattate dal libro-conversazione, la necessità di Ridare spazio alla filosofia perché “in quel deserto di pensiero che è la nostra contemporaneità, la filosofia induce a farsi domande e dà respiro alle idee offrendo nuove opportunità”. Altro bel capitolo quello su La ricerca di senso, quanto mai auspicabile in un mondo che sembra aver perduto il suo centro. “Non si sa più dare senso alla vecchiaia che diventa addirittura un pericolo – sottolinea Radaman – tanto da indurci a combattere i segni del tempo depositati su di noi. La tecnologia porta a non accettarci più. Mentre l’espressione più importante del senso è la relazione con la natura. È solo in ciò che vive e muore che troviamo senso. È questa la saggezza: l’equilibrio cioè con la propria natura più profonda, che è il contrario della prestazione e dell’assoggettamento all’avere. Nelle società neoliberiste prevale invece la ricerca della prestazione. Mentre saggezza significa assumere la sofferenza, la debolezza, la propria natura. Senza accettazione della natura umana e della propria vulnerabilità non può venirne fuori alcuna saggezza”.

Il dialogo fra Mazzeo e Ramadan si addentra su tanti altri temi controversi e interessanti quali: lo svilimento della politica assoggettata alla Finanza. Ci si chiede se sia ancora possibile riconciliare la democrazia ai suoi principi quando lo Stato abdica al potere. E ancora, i temi del pluralismo o della violenza che Ramadan invita a ripensarli alla luce delle sue tante declinazioni come la violenza economica la quale uccide senza usa armi. Un esempio? Bill Clinton era considerato più intelligente di Bush, tuttavia con il suo boicottaggio in Iraq ha fatto morire mezzo milione di civili innocenti. Questo l’opinione pubblica lo ignora perché, grazie alla rapidità della copertura mediatica, “Tutto è ridotto a sintomo, nessuno va più in cerca delle cause”.

Una conversazione solida, profonda, stimolante, di quelle cui la televisione attuale ci ha disabituato. Dunque, ben vengano libri come questi a compensare i vuoti della cultura con conversazioni che hanno ancora il gusto del confronto e il sapore della dialettica.