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La legge del contrario

La legge del contrario

Autore: Oliver Burkeman

Editore: Mondadori, 2015, pp.207, € 19.00

Genere: saggio di critica su “la cultura della felicità”

Chiave di lettura: I rivolti negativi della psicologia positiva e del self help e il lato positivo del pensiero Negativo.

Frase chiave: “L’ambizione di ridurre i grandi interrogativi dell’uomo a ricette di self help “a taglia unica” o a piani d’azioni in dieci punti è fallimentare. Il pensiero positivo e l’ottimismo incrollabile non sono la soluzione ma una parte del problema, ed esiste “una via negativa” alla felicità e al successo che comporta l’accettazione del fallimento, del pessimismo, del rischio e dell’insicurezza. Insomma, di ciò che passiamo la vita a cercare di evitare”.


 

Cosa spinge tante organizzazioni a farsi carico della felicità dei dipendenti? Ad incentivarne il benessere esorcizzando il malessere? La risposta è semplice: il business. Perché l’infelicità, si sa, non porta profitto, per questo bisogna tenerla sotto controllo. E oggi, con i potenti mezzi a disposizione delle neuroscienze, è più facile. Possiamo monitorare i processi fisiologici e mentali, radiografare i sentimenti per arrivare al cuore dell’agire umano. Semplici applicazioni su smartphone rilevano le variazioni di umore. Gli orologi smart, progettati da Apple e Google, misurano lo stress. C’è persino chi, come British Airways, sta sperimentando “la coperta della felicità” che, attraverso un monitoraggio neuronale, registra il benessere del passeggero. Mentre le aziende accumulano dati sul comportamento umano, “l’economia della felicità” li usa per elaborare precise mappe delle aree del cervello attivate da determinati stimoli per scoprire cosa riduce lo stress e favorisce il benessere fisico e mentale. Ma non illudiamoci, tutto questo human big data della felicità non è a servizio persone, è finalizzato a precisi interessi politici ed economici.

“Per essere così ossessionata dalla ricerca della felicità, si direbbe che la nostra civiltà sia incapace di raggiungerla, nonostante gli innumerevoli vantaggi offerti dalla vita moderna”. È quanto sostiene Oliver Burkeman, giornalista del Guardian, in La legge del contrario, un saggio acuto e irriverente, sorta di Manifesto del Pensiero Negativo. Secondo l’autore, è proprio l’ostinata ricerca della felicità ad alimentare la depressione perché “i nostri tentativi ininterrotti di eliminare tutto ciò che è negativo – insicurezza, incertezza, fallimento – finiscono per farci sentire più ansiosi e insicuri”. Burkeman consiglia di imparare a cogliere il vantaggio nel Negativo, atteggiamento diverso da quello che tendiamo a manifestare verso ciò che non ci piace. La legge del contrario invita a smetterla di cercare di pensare positivo ad ogni costo, di familiarizzare con l’incertezza e aprirsi alle emozioni negative. Poiché è questo l’atteggiamento giusto a fronte di un mondo caotico e discontinuo. Ciò naturalmente non significa negare l’ottimismo, semmai interpretare “la via Negativa alla felicità” come un contrappeso necessario ad una cultura eccessivamente ottimista” che può occultare i pericoli e renderci ciechi agli azzardi. I casi non mancano.Nel 2007, a Wall Street, “la dittatura dell’ottimismo” ha pervaso il sistema finanziario con le note conseguenze. Il pensiero Negativo fa parte della vita, avverte Burkman, e ha radici ataviche. “I nostri antenati dovevano vivere in stato di allarme permanente, per sentire i passi felpati della belva. La selezione darwiniana probabilmente sterminò gli ottimisti che dormivano un sonno profondo e beato. Oggi, dinnanzi alla disoccupazione di massa, cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse naturali, la specie umana non corre forse gli stessi pericoli?”. Dunque, che fare?

Come sosteneva Albert Ellis, fondatore della Terapia Razionale Emotiva, “in contesti estremamente indesiderabili la strategia di soffermarsi sullo scenario peggiore aiuta a dare un confine alle nostre paure sconfinate”. Non a caso Ellis – come tutti i sostenitori de la legge del contrario – si ispira alla filosofia degli stoici. Ma lo stoicismo nato in Grecia e sviluppatosi a Roma non va confuso con lo “stoicismo” così come è inteso oggi: una forma di rassegnazione. Lo stoicismo originario, precisa Burkeman, è una disposizione mentale che richiede di reagire con una calma inflessibile alle circostanze difficili; non rigetta le emozioni negative, insegna semmai ad accoglierle e accettarle come componenti della vita. Un principio che si ritrova anche nella filosofia buddista entrata in azienda con le pratiche di mindfulness. Ma allora che fare, ridimensionare la felicità?   Come dice il protagonista di un racconto della nota scrittrice americana Edith Wharton, citato da Burkeman: “Ci sono tanti modi di essere infelici, ma c’è un solo modo per stare tranquilli: smettere di correre dietro alla felicità”.

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