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Come diventare indistraibili

Come diventare indistraibili

Autore: Nir Eyal e Julie Li

Editore: LSWR Edizioni, 2020, pp. 223 € 16,90

Genere: manuale sul detox digitale

Chiave di lettura: non lasciarsi catturare dalle lusinghe della tecnologia per ridiventare padroni della propria vita.

Frasi-chiave: Siamo spinti a cercare di raggiungere cose di cui immaginiamo di avere bisogno,  in realtà non ci servono. Non dobbiamo controllare la posta elettronica proprio in questo secondo e non dobbiamo vedere le ultime notizie di tendenza, non importa con quanta intensità sentiamo di doverlo fare. Con questo libro scoprirete cosa fare da oggi in poi per controllare la vostra attenzione e scegliere la vostra vita”.


Recensioni di Raul Alvarez

 

In Hooked (Catturare i clienti, edito da LSWR, 2017), Nir Eyal sosteneva che i nuovi meccanismi di persuasione digitale ci intrappolano in una “rete di abitudini” che i leader dell’industria on line hanno teso per noi, traendone profitti plurimiliardari. Con Come diventare indistraibili, passa dalla parte dell’utente disegnando una strategia in quattro passi che svela come recuperare l’attenzione sottratta dai social, smartphone e video streaming che quotidianamente ci allontanano da ciò che ha più valore per noi. Ma avverte: “Dare esclusivamente la colpa a uno smartphone per le proprie distrazioni è sbagliato. La deconcentrazione nasce dalla necessità di ridurre un disagio generato da noia, dolore e adattamento edonico. Il modo più efficace per gestire le distrazioni è allora cominciare a imparare a gestire il disagio. In che modo? Dominando i trigger interni di cui siamo i diretti responsabili. È questo il primo passo per l’indistraibilità.

Per riuscire a governare i trigger interni, Nir attinge a tecniche derivate da una da una delle pratiche psicoterapeutiche oggi più in voga, l’ACT (Teoria dell’Accettazione e dell’Impegno). Tali tecniche suggeriscono di identificare il disagio che precede la distrazione concentrandoci sui trigger interni. Mettere per iscritto il trigger (annotare l’ora, ciò che si stava facendo e come ci si sentiva, quando si è avvertito lo stimolo interno che ci ha distratti). Esplorare le sensazioni, anziché agire d’impulso. Essere cauti nei momenti che segnano le nostre transizioni da un’attività a un’altra. E infine praticare l’autocompassione perché ci rende più resilienti.

Passo n.2: Fare spazio alla trazione che ci conduce verso ciò che desideriamo, mentre la distrazione ce ne allontana.  Ma “Non si può chiamare qualcosa distrazione – avverte Nir – se non si sa da cosa ci distrae”. Per questo suggerisce un timeboxing per pianificare le attività nei tre principali ambiti di vita (Io, Relazioni, Lavoro), stabilendo obiettivi e dando una linea preferenziale ai valori.

Passo n.3: Tenere a bada i trigger esterni che ci allontanano dai nostri obiettivi; segnali come i ping o le suonerie, l’eccesso di email da smaltire, chat inutili, app zombi che riempiono i nostri dispositivi generando confusione visiva, articoli on line che reclamano di essere subito letti, e altro ancora.

Passo n.4: prevenire le distrazioni facendo “patti faticosi” con se stessi che rendono più difficile abbandonare un lavoro urgente lasciandosi attrarre da attività fittizie. Per questo Nir raccomanda App come Self Control o Forest che aiutano a prevenire le distrazioni. Infine, un buon deterrente è anche stabilire un’ammenda per la propria distraibilità.

Nir si avventura infine nel campo psicopedagogico suggerendo come “allevare bambini indistraibili”, ma questa è la parte più debole del libro. I suoi suggerimenti sono ambigui e semplicistici come: “La tecnologia non è il male, se usata nel modo giusto e nella giusta misura”. Ma chi stabilisce la giusta misura? E poi, esiste davvero una misura valida per tutti? Le sue argomentazioni ignorano (o glissano) studi fondamentali come quelli dello psichiatra Manfred Spizer (autore di Solitudine digitale, Emergenza Smartphone, Demenza digitale e tanti altri best-seller) che, con solidi dati scientifici, illustrano le diverse patologie dell’era digitale. E ancora: “Rispetto alla vita off line, on line i ragazzi hanno un enorme livello di libertà e l’autonomia per prendere decisioni e sperimentare strategie creative per risolvere problemi”. Viene da chiedersi: “liberi” da che e per fare cosa? Siamo certi che l’autodeterminazione che Nir reclama per gli adolescenti sia praticabile senza la guida di un adulto durante la crescita? le sue tesi convincono di più quando svela come catturare i clienti. Quando alle tecniche per rendere indistraibili gli adolescenti, che dire? A ciascuno il suo mestiere.

 

MINIMALISMO DIGITALE

Autore: Cal Newport

Editore: ROI Edizioni, 2019, pp.247 € 19,00

Genere: saggio su l’ecologia digitale

Chiave di lettura: come ridurre al minimo l’uso del digitale e vivere una vita sana e consapevole di ciò che più conta per noi

Frasi-chiave: Le persone hanno scaricato le app e aperto gli account per buone ragioni, ma solo per scoprire, con triste ironia, che quei servizi  stanno cominciando a minare proprio i valori per cui inizialmente erano sembrati interessanti: in tanti si sono iscritti a Facebook per rimanere in contatto con amici sparsi in tutto il Paese e hanno finito per non riuscire a mantenere una conversazione senza interruzioni con l’amico seduto a tavola con loro”.


Il tema è lo stesso, ma le argomentazioni di Newport, saggista di successo e “professore minimalista”, al punto da negarsi persino un profilo social, hanno argomentazioni di più ampio respiro.

“La spinta a controllare i social in modo compulsivo è un tic che sgretola il tempo a disposizione in frammenti troppo piccoli per consentire la presenza necessaria per una vita consapevole. Dalle mie ricerche ho scoperto che alcune di queste caratteristiche sono accidentali (pochi prevedevano fino a che punto i messaggi di testo avrebbero controllato la nostra attenzione), mentre altre sono intenzionali (l’utilizzo compulsivo è alla base del business plan di molto social). Qualunque ne sia la causa, l’attrazione irresistibile verso lo schermo porta ad avvertirci che stiamo perdendo sempre più la nostra autonomia nello scegliere dove indirizzare l’attenzione”.

Per proteggersi dalla “colonizzazione dell’inconscio”, Newport consiglia di aderire alla filosofia  del decluttering digitale: un reset che può trasformarci da massimalisti esausti a minimalisti consapevoli dei costi/benefici della nostre abitudini on line. La prima mossa per un riscatto è implicita nella domanda che suona come un mantra: gli strumenti digitali che sto usando sono veramente  la soluzione migliore per sostenere i valori in cui credo? Libro di piacevole lettura, ben argomentato, ricco di citazioni dotte e consigli condivisibili come questo: imparate a riscoprire il valore del saper stare soli con i propri pensieri, senza essere condizionati dai like altrui). E si conclude con un monito irresistibile che è un invito al minimalismo digitale: unitevi alla resistenza dell’attenzione.