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Unconscious bias (Franco Angeli) – Gestione delle obiezioni (Roiedizioni) – Come funziona il cervello (Gribaudo)

Unconscious bias (Franco Angeli) – Gestione delle obiezioni (Roiedizioni) – Come funziona il cervello (Gribaudo)

Novembre, sono di scena le neuroscienze. Questo mese parliamo di Gestione delle obiezioni di Jeb Blount, uno dei massimi esperti sui temi della vendita. La fase più delicate di una trattativa viene riletta da Blount alla luce delle neuroscienze per capire come “condizionare” il cervello per superarla. Unconscious bias firmato da tre consulenti della FranklinCovey, illustra un metodo originale di identificazione e gestione delle bias per dominarle anziché esserne dominatiInfine, poiché del cervello se ne parla sempre più spesso, e in vari ambiti, ma no sempre in modo puntuale, suggeriamo Come funziona il cervello, un eccellente manuale corredato da eloquenti inforgrafiche che, con immagine esplicative e sintesi illuminanti, aiutano a capire come funziona la macchina più complessa dell’universo. Buona lettura.

Recensioni di Raul Alvarez

 

GESTIRE LE OBIEZIONI

Autore:  Jeb Blount

Editore: ROIEDIZIONI 2021, € 24.00

Genere: saggio di neuroscienze applicate alla gestione delle trattative commerciali

Chiave di lettura: le basi scientifiche della resistenza psicologica alle obiezioni e al rifiuto

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Raramente leggo libri sulle tecniche di vendita. Un pregiudizio mi blocca. Non so da dove venga. Forse dal ricordo di manuali con ricette passe-partout che, per applicarle, occorre un copioso pelo sullo stomaco e un’etica a dir poco discutibile. Il libro di Jeb Blout non ha niente di quella manualistica vecchio stile. È solido e scientificamente aggiornato . Attinge alle ricerche delle neuroscienze applicate e lo fa in modo semplice ma rigoroso, focalizzandosi sulla fase più delicata del processo di vendita: la gestione delle obiezioni, il momento della verità in cui ci si gioca tutto, credibilità, cliente, commessa.

Sviare le obiezioni o farsele scivolare addosso, come tanta vecchia manualistica consigliava, non serve. Il nemico numero uno rimane, e diventa inespugnabile: è la paura. Un’emozione ancestrale, impressa nel nostro DNA, sin dall’era delle caverne. “È lì, in quel mondo preistorico, spietato e inesorabile, che gli esseri umani hanno sviluppato un’iper-sensibilità al rifiuto. La sofferenza che si accompagnava al rifiuto era un allarme precoce che segnalava il pericolo di venire ostracizzati o messi al bando dal gruppo, e si concretizzava se l’individuo non avesse cambiato il proprio comportamento. Gli esseri umani sensibili alle sofferenze causate dal rifiuto avevano maggiore probabilità di sopravvivere e di trasmettere il loro DNA”. La paura del rifiuto divenne così un vantaggio competitivo ante litteram, una risposta biologica ai fini del processo evoluzionistico.

Blount sottolinea che la sofferenza per il rifiuto è un’emozione intollerabile . “Da una parte aiuta a conformarvi con i canoni sociali per essere accettati. Dall’altra scatena un’ondata di emozioni disgreganti (insicurezza, impazienza, preoccupazione ecc.) che ci boicottano”. Nei colloqui di vendita, la paura del rifiuto emerge ogni volta si preannuncia un’obiezione. Questo accade in varie fasi del processo: nel prospecting, durante i depistaggi con i quali il cliente vorrebbe sviarci (anche inconsapevolmente) dal nostro discorso con domande forvianti, ma per lui più urgenti. Durante la vostra richiesta di un micro-impegno per iniziare a fare un passo aventi verso l’acquisto. E nel punto d’arrivo, la firma del contratto.  Per gestire le obiezioni, ciascuna di queste fasi richiede una specifica contromossa. Il libro offre diversi esempi in merito. Tuttavia la reazione più frequente e ingenua  è continuare a parlare a raffica nell’illusione che, finché si tiene banco, il potenziale cliente non possa opporre un diniego. Si è talmente impegnati a eludere il rifiuto da non accorgersi che il cliente ci ha già scaricato. Il rifiuto può essere reale, atteso o percepito, ma non va confuso con l’obiezione. L’obiezione può sorgere da una preoccupazione o incertezza. Il rifiuto è invece un  no netto che scatena emozioni talvolta ingovernabili. Il libro spiega come gestirle, e lo fa  attingendo a quanto le neuroscienze raccontano sul funzionamento del cervello umano. Tutto il libro è improntato all’analisi delle obiezioni, e dei bias cognitivi che le inducono, su ciò che scatenano, e sull’autoconsapevolezza   per raccoglierle e reindirizzarle. Perché dopotutto non si può cambiare ciò di cui non si è consapevoli.

Gestire le obiezioni è un libro con una solida base teorica, ma concreto e pragmatico, solido e stimolante, ricco di spunti per riflettere. Ma è anche un invito a guardarsi dentro per capire come funziona la mente e le emozioni, per riconoscerle e gestirle consapevolmente. Ciò che suggerisce funziona, non solo per le vendite, ma per tutte le interazioni umane perché ciascuno di noi, in ogni momento, cerca di “vendere qualcosa” (un’opinione, una proposta, un consiglio) a qualcuno. E in quei momenti, nulla annienta più di un rifiuto, se non sai come gestirlo.

 

 

UNCONSCIOUS BIAS

Autori: Pamela Fuller, Mark Murphy, Anne Chow

Editore: Franco Angeli, 2021, pp. 253 € 22.00

Genere: saggio manageriale sulla gestione delle bias negli ambienti di lavoro

Chiave di lettura: Comprendere come funzionano i nostri bias inconsci per poterli governare nelle nostre interazioni con gli altri.

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Il libro di Blount tratta le bias rispetto alle obiezioni. Per una conoscenza più approfondita il testo di riferimento rimane Pensieri lenti e veloci di Daniel Kahnemn del 2011. Da allora ne sono usciti altri. L’ultimo arrivato è Unconscious bias. Lo hanno scritto tre consulenti della FranklinCovey. Del team, Pamela Fuller è la maggiore esperta sul tema e ha ideato un metodo per riconoscerle e scardinare. Il libro racconta come. Il punto di partenza è che essere umani comporta  avere delle bias. Negarlo è un auto-inganno. Dopotutto le bias sono una fonte di “risparmio energetico”, scorciatoie  più o meno inconsapevoli, per prendere decisioni rapide. “Una manna per i professionisti pressati dal tempo. Possono però  distorcere i fatti, provocare giudizi inesatti, limitare performance e possibilità professionali”. Dunque sono un’arma a doppio taglio da maneggiare con accortezza.

Per gestire le bias il primo passo consiste nell’identificarle. E non è facile perché spesso i bias attivano convinzioni  (su ciò che riteniamo vero o falso, buono o cattivo) e finiscono col diventare parte integrante della nostra identità. E non c’è nulla di più difficile da cui prendere le distanze. Gli autori suggeriscono di esplorare la propria identità per prendere consapevolezza delle proprie fonti d’influenza (tratti innati, cultura, esperienze, formazione, ecc.) e capire quali trappole sottendono e come ci limitano. Le ricerche hanno individuati  180 diversi bias. Impossibile tenerle tutte a mente. Ma si può cominciare focalizzarsi su le più frequenti. Secondo passo, coltivare connessioni con l’esercizio dell’empatia e la curiosità; risorse preziose per imparare ad ascoltare, fare domande significative, accogliere punti di vista diversi dai propri, sfruttare il potere dei network, lasciarsi contaminare da idee fuori dal coro e ampliare il proprio orizzonte. È allora che le nostre bias, e le convinzioni che le sottendono, aprono le porte al beneficio del dubbio, rendendo il nostro approccio alle relazioni più aperto e inclusivo. Infine, Terzo passo, scegliere il coraggio, perché ci vuole coraggio a mettersi in discussione, a riconoscere i propri bias  e ad aiutare gli altri a riconoscere e gestire i propri.

Unconscious bias concede poco alla teoria, si concentra più sugli effetti delle bias. Ciò potrebbe essere anche un vantaggio, se non fosse che in alcuni passaggi la trattazione ne risente. Tuttavia, anche se non avvalorate dai dati di ricerca, non mancano ipotesi stimolanti sulle quali misurarsi. Il modello messo a punto dal team Franklin Covey è applicabile, non solo alla leadership, ma a tutte le relazioni umane, perché laddove due o più persone interagiscono le bias entrano in funzione. Ma se non le riconosciamo possono fare danno. Particolarmente interessante l’applicazione del modello al Ciclo di Vita del Talento in azienda. Anche se non esente da schematismi, caratteristica  frequente in tanti manuali di management statunitensi. Ma a questo punto mi sorge un dubbio: non sarà che queste mie riserve siano dovute a qualche bias inconsapevole?

 

COME FUNZIONA IL CERVELLO

Autori: AA.VV.

Editore: Gribaudo, 2021, pp. 226 € 19.99

Genere: manuale visuale su come funziona il cervello: i fatti spiegati attraverso le immagini

Chiave di lettura: apprendere il funzionamento del cervello e tutti i processi cognitivi più importanti in una visione sistemica

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Capire come funziona il cervello non è più una conoscenza da addetti ai lavori. Poiché le neuroscienze sono ormai entrate in vari ambiti . Averne una visione d’insieme è necessario per capire come funzioniamo e come la tecnologia, che sta emulando i nostri processi mentali, potrà sostituirci.

Testi divulgativi sul tema abbondano, alcuni anche pregevoli. Ma Come funziona il cervello ha una marcia unica (come peraltro quasi tutti i testi della collana Straordinariamente di Gribaudo): riesce a comunicare molto con poche parole e tante immagini che restano impresse per precisione e vivacità. A cominciare dai colori che aiutano a focalizzare i molteplici elementi del cervello e le sue funzioni. I temi trattati sono allettanti: In quali aree del cervello si formano le emozioni e il senso morale? Sarà possibile collegare i nostri cervelli tramite un cloud? E ancora, cosa prospetta il futuro? Un cervello espanso? Un cervello globale? Un cervello cablato? Attingendo agli studi e alle scoperte più recenti nelle neuroscienze, il libro risponde a queste e ad altre domande cruciali esplorando i temi più diversi: dalla corteccia motoria ai neuroni specchio, e suggerendo nuovi punti di vista per quel che riguarda la nostra memoria, la personalità, le emozioni e il modo in cui comunichiamo.

Come funziona il cervello  è una mappa preziosa per capire come funziona il cervello e poterne parlare finalmente non più a sproposito.