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Il silenzio è stato il mio primo compagno di giochi

Il silenzio è stato il mio primo compagno di giochi

Autore: Roberto Wirth
Casa editrice: Newton Compton Editori, 2015, pp.180 € 12,90
Genere: Biografia
Chiave di lettura: resilienza ed empowerment
Frase chiave: Sono arrivato dove volevo, ma è da qui che inizia il mio viaggi più importante

È un piccolo libro (180 pagine scorrevolissime) ma racconta una grande storia: quella di un ragazzo. dell’alta società romana che, per affermarsi, deve fare i conti con i pregiudizi degli altri, a cominciare da quelli della propria famiglia. Sto parlando di Roberto Wirth, direttore dell’Hassler, uno degli hotel più prestigiosi di Roma, situato a Trinità dei Monti, Piazza di Spagna. La cosa straordinaria è che a dirigerlo è un sordo profondo che oggi gestisce duecento udenti, leggendo sulle loro labbra, e svolge con successo un mestiere centrato sulle relazioni.

“La mia famiglia è di origini svizzere, siamo gente abituata alla precisione. Ed io ero l’incarnazione di un difetto. Un bambino sbagliato”. È così che inizia la sua storia. Ma a dispetto della famiglia, per la quale quell’handicap rappresentava una barriera insormontabile, Roberto prende tre lauree in America, pagandosi da sé gli studi. Apprende l’italiano, l’americano e il tedesco con il linguaggio dei segni. Un risultato strabiliante, ed un esempio di resilienza.

Nella sue vicissitudini ci sono le condizioni per una caduta o una svolta. Lui opta per la seconda. Come sia riuscito a superare la quasi anaffettività dei genitori e un’educazione tesa ad “ospedalizzarlo”, è un miracolo. Nonostante la sordità, o forse proprio grazie ad essa, Roberto dimostra di potercela fare. Coraggio e tenacia non gli mancano. Ed ecco che le avversità si trasformano in risorse. È qui che entra in gioco quella qualità oggi tanto ricercata che prende il nome di resilienza. È una forza interiore che fa emergere nell’individuo le risorse per fronteggiare le avversità uscendone rafforzai, e riuscendo spesso a conseguire i propri obiettivi. Di fronte alla sua sordità e la delusione dei genitori, anziché abbattersi Roberto vive il suo sogno (dirigere l’Hassler, albergo di famiglia) come una sfida irrinunciabile, un progetto perseguito con tenacia e competenza. Roberto trova attorno a sé o cerca persone che lo aiutano a perseguire il suo scopo. Riesce a contenere le emozioni negative verso la famiglia e persino a capitalizzare ciò che di buono coglie negli insegnamenti paterni. “Papà è stato il mio modello e la mia principale fonte di disperazione”. Compassione e perdono, solidarietà e speranza, capacità di sognare e progettualità incrollabile diventano le leve del suo riscatto. E una volta raggiunta la meta si sposa e mette al mondo due figli. Il matrimonio crolla, ma non i suoi sogni. Fonda una Onlus, il Centro Assistenza Sordi e Sordociechi (CABSS) cui devolve i diritti d’autore del libro. E a 66 anni i suoi sogni non sono ancora finiti. Ecco cosa può fare la resilienza.

È una storia forte, edificante, di cui se ne avverte il bisogno di questi tempi. È anche un grido di speranza che viene da chi voce non ha, ma ha il coraggio di lottare e l’intelligenza di trovare altre strade per esprimere il proprio talento, nonostante tutto; perché la strada facile o quella più breve – e questo è il suo messaggio – non è sempre la migliore per giungere dove vogliamo.

 

1 Comment
  • Marco

    26 Ottobre 2015 at 12:01 am

    Molto stimolante come recensione, sarà sicuramente un libro che acquisterò nei prossimi giorno

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