Ritorno al benessere (F. Angeli) – The advantage (Ayros)
RITORNO AL BENESSERE
Franco Angeli
pp.133 € 20,00
Recensioni di Raul Alvarez
Prima della pandemia, il benessere organizzativo era considerato un problema importante ma non urgente. Oggi il fenomeno è esploso. Se ne parla ovunque. La letteratura abbonda. Scegliere fra i vari titoli non è facile. Quello di Biancamaria Cavallini è un contributo piccolo ma significativo che vale una lettura, per vari motivi. Per essenzialità (130 pagine), per il suo sguardo ad ampio raggio sulle molteplici implicazioni (personali e organizzative) del benessere in azienda, soprattutto per un capitolo puntuale su un tema troppo spesso trattato in modo improprio: il burnout. Basti dire che “Nel 2023 una nota divulgatrice, citando i dati dell’Osservatorio DVA Doxa Mindwork sul benessere psicologico nelle aziende italiane, affermò che in Italia il 76% delle persone soffriva di burnout. Un’interpretazione scorretta, anzitutto per la non rappresentatività del campione che si riferiva ad aziende con almeno 10 dipendenti, e non all’intera popolazione italiana. A questo errore si aggiunga che quel 76% di intervistati riportava semplicemente almeno un sintomo di burnout, il che non significa che soffrisse effettivamente della sindrome completa, ma solo si riconosceva in una delle sue manifestazioni. Del resto, siamo realisti: chi si trova davvero in burnout pensate che vada a rivelarlo apertamente all’azienda?”.
Per dipanare alcuni dubbi e chiarire, una volta per tutte, la differenza fra burnout, stress e ansia nel libro troverete una tabella dove l’autrice distingue, l’ansia (come un’emozione secondaria legata alla paura, e non un disturbo) lo stress (che può positivo o negativo) e il burnout, che invece è una patologia vera e propria, persistente e ad alto rischio, di cui tuttavia “Manca, almeno in Italia, un iter diagnostico codificato e relative figure professionali in grado di occuparsene”. L’autrice tocca trasversalmente tutti i temi principali del benessere psicologico e offre una riflessione utile, soprattutto ai manager cui oggi è richiesta una sensibilità psicologica per distinguere la natura dei vari problemi emergenti delle “aziende malate”. Utile anche per cominciare a considerare il benessere come parte integrante della vita organizzativa, nonché una funzione irrinunciabile della leadership. Sono molte oggi le iniziative di supporto psicologico a disposizione dei dipendenti, ma quanti continuano a considerarlo un servizio accessorio, anziché parte integrante dell’organizzazione? Secondo Cavallini occorrerebbe un Comitato interno, con uno o più rappresentanti di ciascuna funzione, capace di osservare e valutare l’azienda in modo sistemico attraverso la lente del benessere.
Ma gli interventi attuali sono perlopiù “riparativi”, circoscritti ai sintomi. Ciò che manca è una visione proattiva e una regia che li coordini. Tra le altre proposte suggerite dall’autrice, la diffusione degli Employee Respurce Group, gruppi spinti dal basso con una condivisione d’intenti e attività a supporto quali, ad esempio, networking, la sensibilizzazione e il dialogo. Infine, un avvertimento: non esistono soluzioni pronte all’uso. “Costruire il benessere organizzativo è un processo. Gli ingredienti mutano al mutare dell’azienda e le quantità vanno dosate in base al momento e alle persone. La ricetta va trovata di volta in volta”. Quali sono gli elementi che favoriscono il benessere nella mia azienda? Quali la minano? Quale stile di leadership è ottimale? Quali processi vanno migliorati e quali implementati? Sono domande urgenti. Il problema – conclude provocatoriamente l’autrice – è che spesso è proprio la domanda a mancare. Ci si occupa di benessere, per rispondere all’urgenza, senza interrogarsi davvero su di esso. Ci si sforza a trovare soluzioni, anziché analizzare a fondo i problemi.
Ritorno al benessere è un valido compendio al tema. Un libro essenziale e mirato. Dice poco ma lascia molto. Suggerisce senza risultare dogmatico. Stimola domande e solleva i problemi di fondo. E la sensibile introduzione di Paolo Iacci, dal sapore squisitamente umanistico, che ne enfatizza il valore.
THE ADVANTAGE
Patrick Lencioni
Ayros
pp.180 € 21,00
Patrick Lencioni è uno dei pochi saggisti di management capace di scalare le classifiche qualunque cosa scriva, grazie ad uno stile accattivante e libri che hanno fatto scuola come quelli sulla gestione dei team. Ha anticipato temi che, di lì a breve, sono diventati mainstream. Nel 2012, quando il benessere organizzativo era ancora considerato una questione marginale, pubblicò The Advantage, ipotizzando: “Un giorno la salute organizzativa supererà tutte le altre discipline aziendali diventando la più grande opportunità di miglioramento e di vantaggio competitivo, ancora più del talento, della conoscenza e dell’innovazione”.
Profezia avverata. Ayors non se l’è lasciata sfuggire e l’ha pubblicato alla svelta, anche se da allora il benessere organizzativo è diventato una commodity e molte cose sono cambiate. Nonostante ciò il libro conserva una sua freschezza e alcune idee con un potenziale da sviluppare, come il modello delle 4 leve della salute organizzativa: 1) Costruire un team di leadership coeso, 2) Creare chiarezza, 3) Ribadire chiarezza, 4) Rinforzare la chiarezza. Tutto qui? vi chiederete!
Provate ad entrarci dentro e non mancherete di trovare qualche perla. Non mancano poi critiche argute alle ortodossie aziendali, a cominciare dal culto del dato, “Solo ciò che è misurabile ha valore”, ma anche al pragmatismo che dà priorità a soluzioni semplici e veloci. Vertici che eludo questioni scottanti considerate tabù, una per tutte: l’errore come fonte di apprendimento. Neanche a parlarne: ancora oggi chi sbaglia paga. Conversazioni ridotte all’operatività. Quelle che poi frugano nell’intimo, rivelando malumori, erano bandite perché “I problemi personali – si diceva – devono restare fuori dal lavoro”. Ma dopo il Covid, il privato è entrato prepotentemente in azienda. Parlare col proprio capo di problemi personali non fa più scandalo, tanto meno prenotare sedute di psicoterapia a spese dell’azienda. Oggi tutto è lecito, purché si eviti il turnover, si produca di più e ci si ammali di meno.
Per la salute organizzativa occorre un team dirigente coeso, sostiene Lencioni, che i team di Direzione siano formati da piccoli gruppi perché, superati i nove i membri, si tende ad affermare la propria idea, anziché esplorare quella degli altri. Ma senza confronto il pensiero critico sfuma e il dibattito diventa autoreferenziale. C’è poi chi aumenta i membri del team per sentirsi “inclusivo” e chi invita più persone a farne parte, millantando chissà quale “prestigio”, per supplire alle richieste di aumenti di stipendio o promozioni impossibili. Per accrescere la chiarezza ed eseguire al meglio il proprio lavoro occorrono risposte fattive a 6 domande cruciali: 1) Perché esistiamo? 2) Come ci comportiamo? 3) Che cosa facciamo? 4) In che modo otteniamo successo? 4) Qual è la cosa più importante in questo momento? 6) Chi deve fare cosa? Questioni apparentemente risapute, non altrettanto le risposte prospettate dall’autore.
Ancora una volta Lencioni si fa leggere con interesse. Se alcuni temi possono risultare superati, altri lasciano sorpresi per le soluzioni prospettate. E poi non dimentichiamo che sotto la sabbia, talvolta si nascondono perle.