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Se chiudi ti compro

Se chiudi ti compro

Autore: Palola De Micheli, Stefano Imbruglia, Antonio Misiani

Editore: Guerini & Associati, 2017, pp.252, € 18.500

Genere: saggio di storia sociale delle imprese italiane

Chiave di lettura: Le imprese rigenerate da lavoratori resilienti

Frase chiave: “Esiste un’Italia di lavoratori che non hanno accettato il compiersi di un destino che li aveva condannati alla disoccupazione. Uomini e donne che hanno unito le loro forze e, lontano dai riflettori dei media tradizionali hanno rischiato i loro soldi, si sono rimboccati le maniche e hanno rigenerato le imprese per le quali lavoravano”.


 

Nel periodo fra il 2008 e il 2014, 117.734 imprese italiane hanno abbassato le saracinesche. 1.400.000 lavoratori (dati Istat) hanno visto sfumare la propria aspirazione ad una vita decorosa. Una crisi profonda e pervasiva che si è ripercossa su tante famiglie che hanno visto peggiorare di colpo la qualità della loro vita e, cosa più grave, la fiducia nel futuro. È un dramma che fa notizia e su cui i media hanno insistito sin troppo trasformando la crisi in un “reality del disagio”, uno show della sofferenza che ha alimentato ansia e depressione. Assai meno rilievo è stato riservato invece a quei casi più rari, non per questo meno importanti, di “aziende rigenerate” da lavoratori che si sono imboccati le maniche investendo del proprio, scommettendo il tutto per tutto, riuscendo a rimettere in sesto l’azienda che li aveva licenziati e a prenderne le redini.

A riscattare la carenza d’informazione sulle “aziende rigenerate” è appena uscito Se chiudi ti compro, un libro che ha il pregio di restituire al fenomeno il suo giusto peso e di guadare alla crisi da una duplice prospettiva, quella della politica e dell’imprenditoria. Due degli autori occupano infatti ruoli di rilievo nell’attuale Governo: Paola De Micheli è Sottosegretario all’Economia e manager nel settore agroalimentare. Mentre Antonio Misiani è deputato del PD, fa parte della Commissione bilancio della Camera ed è membro della presidenza dell’associazione Legautonomie. Stefano Imbruglia è un giornalista economico. Un trittico ben assortito che mette sul piatto della bilancia le responsabilità della politica, dell’imprenditoria e persino dei media. Scritto con piglio narrativo e cura dei dettagli (non perdetevi le Appendici). È un omaggio all’onorevole Giovanni Marcora che, con la sua proposta di legge per la rinascita delle imprese in crisi (1981), ha anticipato di quasi quarant’anni il fenomeno dei workers buyout. Ma è anche una celebrazione degli “eroi della Prima Repubblica” come l’ex sindaco di Livorno Alì Nannipieri, soprannominato “Il cavaliere rosso”, che con la sua tempra e lungimiranza, ed un uso intelligente degli strumenti di Governo, salvò un pezzo di storia della città: il quotidiano Il Telegrafo (oggi Il Tirreno) dalla inevitabile chiusura. Politici di spessore e grande senso civico di cui oggi si avverte la carenza.

“Nel nostro breve viaggio – scrivono gli autori – abbiamo ricostruito dieci storie di imprese. Dieci casi scelti casualmente che di comune hanno solo l’epilogo. Eravamo partiti per raccontare le storie di imprese rigenerate, ci siamo accorti strada facendo, che stava venendo fuori un ritratto di una parte dell’imprenditoria italiana”. È la testimonianza di chi non si è arreso allo Stato assistenzialista, “ha cambiato punto di vista, riesumando una parola antica, lontana dai salotti esclusivi delle èlite: cooperativa”. E ha giocato il tutto per tutto per riscattare la propria dignità e guadagnarsi un futuro rimettendo in sesto l’azienda. In un mondo che esalta l’individualismo, la scelta di unire le proprie forze e fare squadra azzerando le gerarchie e ruoli, rischiando del proprio, pur di ottenere un reddito e una speranza per il futuro, ha un che di rivoluzionario.

Il libro ripercorre le storie della Richard Ginori, fondata nel 1735, un brand di prestigio, una gloria nazionale travolta dalla crisi per le scelte imprenditoriali dissennate che hanno dimostrato l’incapacità di alcune Piccole Medie Imprese di sapersi reinventare in un mondo che cambia velocemente. Nonostante la crisi, due stabilimenti sono stati salvati dalla Legge Marcora e dal coraggio dei suoi dipendenti di rimettersi in gioco dando vita ad una cooperativa. Una sorte non diversa da quella occorsa al Gruppo Editoriale Zanardi, culminato con il suicidio di uno dei suoi fondatori, Giorgio Zanardi. Rigenerata dopo molteplici vicissitudini, anche lei in forma di cooperativa. E ancora, il caso della Fenix Pharma, di cui abbiamo intervistato il Presidente  (L’impresa, n.10, 2016), l’industria Plastica Toscana e tante altre. Tutte storie di coraggio e lungimiranza, di orgoglio e impegno, di forza e tenacia perché dopotutto “Dar vita ad un’impresa rigenerata richiede forte motivazione, disponibilità al sacrificio e cambio di mentalità nell’approccio al lavoro”, qualità insite nelle generazioni del dopoguerra, perdute nell’era del benessere, tornate oggi ad essere vitali e necessarie. Secondo i recenti dati del CFI sono 7.627 i lavoratori impegnato nelle imprese rigenerate. L’investimento ad addetto è di 13.480 euro e ha prodotto un ritorno economico per lo Stato pari a 6,8 volte il capitale impiegato.

“Forse non sarà la soluzione definitiva – concludono gli autori – ma ci pare molto più della pezza destinata a rattoppare il buco”.